Chiara Bruni

Intervista a Chiara Bruni, fotografa e autrice

Chiara Bruni
Tutte le immagini e le foto in questa pagina per gentile concessione dell'artista.

Intervista a Chiara Bruni, fotografa e autrice

Durante l'intervista Chiara Bruni racconti dei suoi progetti artistici legati al corpo, all'erotismo e all'autoritratto.
Racconta anche come ha esorcizzato le sue paure attraverso la fotografia e come ha dato nuova interpretazione a vecchie cartoline erotiche dei primi del Novecento cucendoci sopra.

Parla inoltre del suo progetto "Egosistema" dove mette se stessa al centro delle sue opere e di come combina la sua passione per la fotografia con il lavoro in eventi e cerimonie.

Chiara condivide anche il suo coinvolgimento nella cultura LGBTQ+ e parla di alcuni artisti a cui si ispira. Infine, rivela i suoi progetti futuri, tra cui una mostra chiamata "Porno Eden" e un progetto di scrittura basato su una corrispondenza di lettere degli anni Cinquanta.

Scopri di più su Chiara Bruni sul suo sito e Instagram.

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Iride: Stai ascoltando Iride, il podcast che guarda il mondo attraverso gli occhi di artiste e artisti LGBTQ.

Io sono Guido e oggi scopriremo passo a passo il mondo di Chiara Bruni. Benvenuta.

Chiara Bruni: Ciao, Guido. Grazie. Grazie per l'invito.

Superare le paure attraverso l'arte

Iride: Con il progetto Mannequins hai esorcizzato una tua paura utilizzando la macchina fotografica. In che modo dei manichini ti hanno terrorizzata per anni?

Chiara Bruni: Mi spaventavano questi manichini perché sono delle carcasse in realtà. Li ho sempre conosciuti già come dei corpi mozzati o rovinati, spaccati.

Sono stati recuperati da un'alluvione, adesso detta così sembra un po' strano. Però semplicemente mio nonno aveva un negozio, un suo amico aveva un altro negozio di vestiti e in un'alluvione che c'è stata tutti questi manichini erano inutilizzabili. Ma mio nonno, che anche lui era un artista, ha pensato bene di recuperarli per un eventuale progetto futuro quindi li ha portati in casa sistemandoli in giro per la casa però, come ripeto, erano dei corpi che avevano già delle mancanze, delle cose un po' inquietanti.

Quindi io sono cresciuta con questa idea del "andiamo a vedere i manichini" come se fosse quasi andare a scavare in qualcosa di disturbante.

E tornandoci da adulta mi sono resa conto che in realtà poteva essere esorcizzata questa paura. Ho avuto modo di avvicinarmi, di osservare e di ricostruire nella mia testa queste immagini. È stato il primo momento forse del mio percorso in cui ho posto la mia attenzione sul corpo.

Quindi un corpo, ovviamente non umano però che ricorda l'umano, quindi per me è stato un oggetto poi di studio e studiandoli, osservandoli ho anche dato una nuova interpretazione.

Adesso sono diventate delle possibilità. Nel senso che all'inizio, appunto mi sono avvicinata con la macchina fotografica. È stata anche la mia prima esperienza di fotografia analogica. Quindi ho fatto delle foto che poi ho sviluppato io ed è stato un processo magico, perché come chiunque ha provato la camera oscura sa che cosa vuol dire. Quindi c'era c'è stato tutto questo innamoramento e poi però sono passata a guardarli da un altro punto di vista e adesso li vedo come delle strutture che possono diventare altro.

Questo è un oggetto però rappresenta una donna, cioè sono delle emulazioni di un fisico femminile e quindi volevo adesso tornare a lavorare con i manichini, calcando un po' la mano giocando su quest'idea della donna oggetto, farli diventare altro come potrebbe essere un vaso, una lampada,...

La passione per la fotografia

Iride: Citavi questo progetto come il primo progetto in cui ti sei cimentata con la fotografia analogica. Quando è nata la tua passione per la fotografia?

Chiara Bruni: Credo ci sia sempre un po' stata l'idea di voler documentare.

Non ho una grande memoria e quindi ho sempre avuto l'esigenza in qualche modo di trattenere dei ricordi e la fotografia nasce con l'idea di voler comunque creare qualcosa che possa rimanere nel tempo. Mi è stata poi regalata la prima macchina fotografica quando mi sono laureata ormai tanti anni fa e mi sono poi appassionata.

L'ho vista proprio come uno strumento, come un terzo occhio che mi dava la possibilità non solo di vedere, ma anche di interpretare quello che vedevo, quindi di creare qualcosa che non c'era.

Il passaggio dal teatro alla fotografia

Iride: Tu ti sei laureata in teatro e poi hai deciso di cambiare totalmente il tuo ambito di lavoro, decidendo di dedicarti alla fotografia. Com'è nato questa decisione e che tipo di passaggio è stato?

Chiara Bruni: Io credo molto nel concatenarsi delle cose, nel senso che il teatro è sicuramente qualcosa che mi porto dietro anche nella fotografia. È stato come aggiungere un altro tassello perché anche nel teatro c'è l'elemento principale che è quello dell'interpretazione. Quindi io mi sono ritrovata poi ad avvicinarmi alla fotografia appunto per curiosità, per un'esigenza mia più pratica e poi l'ho visto invece come uno strumento di interpretazione e credo che degli elementi teatrali siano poi rimasti all'interno della mia fotografia perché cerco comunque di costruire una scena.

La mia fotografia non è qualcosa di documentaristico è sempre una costruzione di un'immagine, di un immaginario che io ho nella testa. Anche per questo poi c'è stato un ulteriore passaggio che secondo me avvicina ancora di più il teatro al tipo di fotografia che faccio, che è quella della sperimentazione fotografica attraverso delle tecniche diverse, come può essere la cucitura su cartoline d'epoca o fotografie o anche il collage.

Quindi diciamo che vedo queste tappe tutte come fondamentali l'una per l'altra. Quindi niente è stato perduto. C'è ancora un po' di teatro nella nella mia fotografia.

Rielaborazione delle cartoline erotiche

Iride: Con il progetto Send Nudes hai cucito, come appunto dicevi poco fa, dei simboli, dei messaggi su delle cartoline erotiche dei primi del Novecento.

Perché hai sentito il bisogno di modificare con ago e filo degli oggetti di desiderio?

Chiara Bruni: Questa idea è stata un po' casuale. Diciamo che io ho avuto da sempre, come dicevamo anche prima con i manichini, la volontà, la voglia di studiare il corpo e quindi mi è capitata questa occasione in un mercatino.

C'era questo banco, questo signore che vendeva tutte vecchie cose. Io sono una grande appassionata di tutto ciò che è vecchio, che è antico, e ho visto uno stock di cartoline tutte raffiguranti delle donne in queste pose un po' osé che in realtà non mi davano il senso della pornografia però erano molto interessanti per me. Quindi non sapevo cosa avrei voluto farne, ma ho pensato "Okay, io le voglio tutte. Le voglio con me queste donne."

Quindi ho comprato queste cartoline. È passato del tempo, mi sono trasferita all'estero a un certo punto nella mia vita e ho deciso di portare queste cartoline con me perché fondamentalmente quando prepari una valigia magari non è la prima cosa che pensi quella di portare delle cartoline erotiche dei primi del Novecento, ma per me in quel momento era importante. Poi avevo questa abitudine di prenderle e di sfogliarle.

Osservavo queste pose, cercavo di studiare cosa poteva esserci dietro a quegli scatti, che tipo di sensazioni provassero queste donne ad essere fotografate non dico in un modo inconsapevole però con una leggerezza, con una idea diversa da quella che hanno oggi le donne che si fanno fotografare in quei contesti.

Una di queste donne aveva il braccio alzato vicino alla testa, mostrava un ascella però era un ascella liscia. E quindi io ho detto No, no, non ci credo che lei non aveva dei peli. Non credo che si sia fatta la lametta. E ho pensato che c'erano dei dettagli che non potevano essere colti perché comunque erano delle stampe antiche, la definizione di un'immagine non era buona come possiamo averla adesso.

Quindi ho detto ma adesso io troverò il modo di disegnare questi peli. Voglio comunque che lei abbia dei peli sotto le braccia, come secondo me era, e quindi ho pensato di disegnarli all'inizio. Poi ti giuro, non lo so perché mi è venuta questa idea però ho detto ma adesso io quasi quasi provo a cucire questi peli sotto l'ascella di questa donna e subito ho visto che era un'idea che funzionava molto. Sarà stato anche il colore cangiante che risaltava tanto su questa stampa con dei colori, un po' opachi, un po' spenti.

Ho detto wow, ma è bellissima questa idea. Poi ho scoperto che esiste tutto un mondo. Non è che io ho inventato questa tecnica, però mi è arrivata in un modo imprevedibile. Da lì ho ripreso in mano tutte le cartoline e ho visto che a ognuna potevo aggiungere un dettaglio o dare un'interpretazione andando a giocare su degli elementi che mi venivano suggeriti dall'immagine stessa. Quindi cercavo di non forzare la mia idea rispetto a quell'immagine, ma capire cosa quell'immagine poteva evocarmi quasi come a dire ma secondo me lei voleva dire questa cosa. Oppure questa posizione mi suggerisce quest'idea. E ho iniziato a creare queste cartoline facendo dei lavori a volte più poetici, a volte più divertenti.

All'inizio erano solo dei disegni. Poi ho pensato che potevano essere anche delle parole, quindi quasi dei messaggi. E le ho viste come dei piccoli manifesti che potevano comunque dire qualcosa. Quindi dove magari l'immagine non mi dava quell'idea di impatto forte, significante, andavo allora a scrivere delle cose.

Le reazioni a Send Nudes

Iride: Per te quelle cartoline continuano ad essere delle cartoline erotiche o hanno assunto totalmente un altro significato e non c'è più nulla di erotico in quell'immagine?

Chiara Bruni: Sicuramente il corpo femminile porta sempre con sé un'idea di fascinazione sensuale ma assolutamente per me non è pornografia. O almeno non è pornografia come la intendiamo oggi perché c'era proprio un'idea diversa dietro alla costruzione di quell'immagine e c'era una consapevolezza diversa di queste donne. C'era una fruizione anche diversa, perché erano per la maggior parte dei casi delle fotografie fatte da degli uomini che venivano poi create per degli altri uomini.

Quindi la donna un po' scompariva, era quasi un mezzo di questi messaggi. Invece quello che io voglio fare che è un po' il mio discorso generale che abbraccio anche in altri concetti, è quello di trasfigurare la pornografia, cioè di elevarla nel senso di far passare il messaggio di un amore forte ma libero e completamente buono, non so come dire. Quindi queste donne rappresentano diciamo un simbolo della liberazione del corpo.

Chiedo spesso alle persone che vedono le mie cartoline se ci vedono un qualcosa di scabroso o comunque di pornografico, ma nessuno mi ha mi ha detto mai che quello era quello che gli arrivava. Anche delle persone molto grandi che ricordano queste cartoline.

Diceva "Io ricordo quando ero ragazzo che giravano queste cartoline" però è rimasta quasi una cosa di affetto. Non è una cosa che viene interpretata come qualcosa da allontanare o qualcosa da tenere nascosto perché dà un messaggio sbagliato.

Iride: Come reagisce il pubblico quando vede queste immagini?

Chiara Bruni: Send Nudes, il progetto delle cartoline cucite, ha girato un po' in ambiti molto diversi quindi è stato possibile vederlo in delle esposizioni, delle mostre, ma anche sui banchi di festival, market e quindi ho avuto modo di avere il confronto con delle persone anche molto diverse in contesti non solo artistici in senso più stretto.

Quindi era interessante prima di tutto il fatto che le persone si avvicinassero e non capiscono subito che sono delle immagini cucite. Quindi quando io dico puoi toccarle, puoi prenderle, sono cucite a mano. Già c'è un primo stupore. Vai a stimolare oltre alla vista, anche il senso del tatto. Quindi comunque è piacevole vedere che c'è un lavoro in rilievo e tu lo puoi toccare, lo puoi vedere.

Poi c'è appunto l'idea di confrontarsi con queste immagini ed è sempre un incontro positivo con queste donne, c'è sempre una sorta di solidarietà, no?

Molte persone si sono riconosciute addirittura in queste immagini.

Iride: Su Send Nudes hai lavorato anche di recente andando ad aggiungere un elemento che è l'elemento dell'amore. In che modo l'hai inserito e perché l'hai inserito?

Chiara Bruni: Diciamo che poi questo discorso si è approfondito sull'intervento della scrittura su carta per un incontro molto fortunato che io ho fatto con Andrea Acocella che gestisce insieme ad altri ragazzi questo spazio che si occupa di divulgazione di cultura Queer a Roma, a San Lorenzo. Praticamente Andrea mi ha cercato perché è venuto a conoscenza delle mie cartoline viste da un'altra mostra e mi ha voluto conoscere perché era curioso del lavoro che facevo.

Quindi gli ho mostrato le mie cartoline gli sono piaciute molto poi lui ha deciso che voleva portare queste cartoline in mostra nel suo spazio. Io mi sono sentita proprio onorata di essere la prima artista che avrebbe esposto da bar.lina, che sarebbe poi diventato uno spazio molto importante per me.

Parlando con Andrea gli ho detto Ma sai, in un periodo ho iniziato a fare un lavoro, anche un po' diverso con le cartoline: ho scritto un testo e avevo questa idea di trascrivere ogni frase del testo su una cartolina diversa. C'è questo testo che che si intitola A Volte e dove l'incipit di ogni frase è proprio a volte. Quindi ci sono delle frasi come a volte vorrei urlare. A volte vorrei essere l'altra. A volte sono stata bene, a volte non sono stata io, insomma tutto questo testo va a raccontare un po' tutte quelle situazioni dove le donne si trovano in un percorso amoroso, generalmente vivendo tante fasi diverse, tanti tipi di amori diversi.

Questa era la mia idea e la mostra è stata l'occasione per portare a termine questo percorso. Quindi in un mese in cui sono impazzita che mi mettevo a lavorare ovunque: nei locali, sul treno, nelle case delle persone, appena staccavo da lavoro.

Quindi avevo sempre il mio kit di cucitura, le mie cartoline e sembravo una pazza. Andavo in giro nei posti a cucire queste donnine nude. Poi quando l'abbiamo visto tutto tutto insieme ci siamo resi conto che si era venuta a creare quasi un coro, qualcosa che potesse richiamare un po' il coro greco, dove un unico discorso era fatto, però era affidato a tante, in questo caso, donne differenti. Questa cosa è stata capita, è stata anche abbracciata dalle persone che poi sono venute a vedere la mostra perché spesso mi è capitato di dire Ah, questa cartolina sono proprio io, questa frase mi rappresenta tantissimo. Oppure anche mi è capitato di persone che si sono commosse.

Egosistema

Iride: Con Egosistema hai deciso di mettere te stessa al centro del tuo lavoro con autoritratti, immagini del tuo corpo nudo, i tuoi testi,...

Com'è stato metterti così a nudo davanti al tuo pubblico?

Chiara Bruni: È stato bello perché è nata come un un'idea sempre di voler mettere al centro il corpo. Dico sempre che ho una formazione punk nel senso che non ho fatto una scuola di fotografia, ho fatto dei corsi, ma poi tutto quello che che è avvenuto dopo è stato perché ero curiosa di questo mezzo e quindi volevo capire il potenziale.

Volevo capire in che modo poteva servirmi, potevo utilizzarlo e avendo questa attrazione per il corpo mi sarebbe risultato più difficile fotografare qualcuno perché è una cosa che richiede comunque una certa anche sicurezza, una certa padronanza anche della tecnica, cosa che io ai tempi non avevo, non mi sentivo così esperta.

Quindi mi avrebbe messo in imbarazzo fotografare un corpo, soprattutto perché io volevo fotografare un corpo nudo, perché un corpo nudo è sempre portatore di un messaggio molto forte ed è anche l'idea di dire non puoi vedermi più a fondo di così.

Io non posso mentire se il mio corpo è nudo e quindi c'è proprio un atto di grande sincerità, di grande voglia di condividere ma anche di osservazione del sè perché comunque la macchina fotografica poi ti mette in una posizione diversa rispetto a quella dello specchio dove tu ti puoi muovere, puoi vederti in tante angolazioni diverse.

Ho iniziato con i manichini che appunto erano dei corpi non reali, ma comunque dei corpi e poi ho avuto questo passaggio di girare la macchina fotografica verso di me ed è stato molto interessante perché mi ha aiutato a centrarmi. Era anche un po' l'idea che magari adesso nei selfie c'è molto, questa cosa di creare un'immagine dove tu ti riconosci.

Il progetto si chiama Egosistema perché è proprio qualcosa di molto autoriferito. È quello che siamo un po' tutti. Ognuno di noi ha un mondo che si guarda continuamente, guarda continuamente sè stesso. Quindi è anche un po' una critica l'idea di dire Okay, sto facendo tutto questo progetto su me stessa ma chi vuoi che interessi più di me? Quindi era proprio come a dire Okay, quello che sto mostrando è il mio egosistema, perché è il punto da dove io guardo il mondo quindi è la cosa più intima che io posso mostrare. Sono io. Poi può essere interessante per qualcun altro, per qualcun altro meno, ma per me è stato molto interessante, molto importante.

Non sto più portando avanti questo progetto perché lo considero comunque un progetto in evoluzione. Non credo di averlo esaurito, però mi sono resa conto che in questo momento non riesco a fare questa cosa. Magari perché sono concentrata su altro, o magari perché non sempre si ha la stessa voglia anche di indagare sè stessi.

Contraddizioni nella fotografia

Iride: Nei tuoi lavori, ti occupi di corpo, ti occupi di erotismo, ti occupi di te stessa anche, come ci hai appena raccontato, ma lavorativamente ti occupi anche di fotografia per cerimonie.

Come metti insieme questi due mondi e quanto di te riesci a trasmettere in quell'ambito?

Chiara Bruni: È curioso perché appunto la fotografia è un mezzo talmente grande e talmente versatile che può essere utilizzato per i motivi più diversi e io mi trovo esattamente al centro, nel senso che ne faccio un uso poi molto variegato e questo è un altro elemento che fa parte di me e della mia personalità l'essere quasi sempre un doppio.

Già dal mio nome, che è un ossimoro se ci pensate, che è Chiara Bruni: la luce, l'ombra, l'opposto. È come se nella mia immagine io vivo sempre questo contrasto molto forte. Che poi non è che io voglio dire che lo vivo solo io. Secondo me siamo delle persone talmente complesse, talmente interessanti che è impossibile non avere dei contrasti, delle contraddizioni.

La mia contraddizione nella fotografia è quella di occuparmi da una parte, quando lavoro ai miei progetti artistici, del corpo nudo, della pornografia, dello studio analitico, eccetera eccetera. E poi dall'altra parte per un discorso più lavorativo, più anche economico, perché è brutto ma è così, bisogna sempre inventarsi mille lavori e quindi utilizzo la fotografia anche per fare delle foto di cerimonie, eventi. E in realtà io vivo bene le mie contraddizioni.

Sono consapevole e sono anche felice di riuscire ad abbracciare delle cose molto diverse tra di loro e sento di essere comunque anche portata per questo tipo di lavoro perché la fotografia per eventi o per cerimonie è comunque una testimonianza anche lì. È un po' un'interpretazione di un momento importante, quindi creare dei ricordi, dove io vado sempre a ricercare un po' il momento più vero, quello meno costruito.

Quindi è divertente per me che ci siano questi due aspetti molto diversi all'interno della fotografia che io vivo.

L'arte LGBTQ e l'identità artistica

Iride: Consideri il tuo lavoro come arte LGBTQ o non senti il bisogno di definirlo tale.

Chiara Bruni: Il mio lavoro mi ha avvicinato alla cultura LGBT.

Io non ho iniziato questo percorso pensando di fare parte o di dire delle cose che potessero interessare la cultura LGBT. E invece mi sono poi resa conto che lo era. Le mie opere mi hanno preceduta in questo.

Mi hanno portato a frequentare, ad essere considerata in questo tipo di ambiente in un modo un po' inconsapevole. Nel senso che all'inizio io non immaginavo e invece poi mi sono ritrovata ad essere parte della comunità, come magari madrina, come persona che vuole difendere la comunità e vuole sentirsi parte, cioè vuole essere accolta perché appunto, se è qualcosa che non discrimina, se è qualcosa che vuole accogliere, vuole che i diritti siano uguali per tutti, allora io mi sento la prima a voler portare alta questa bandiera.

E sono felicissima di questo incontro che appunto è avvenuto proprio con le cartoline, con Send Nudes perchè quando le ho le ho proposte in giro per i festival poi le persone che si sono interessate magari organizzavano delle mostre, magari erano all'interno di sistemi che io non frequentavo, non conoscevo.

Quindi mi hanno invitata a far parte di alcune di alcuni eventi, di alcune collettive a tema LGBT e io quando poi ho fatto questo ingresso mi sono sentita proprio a casa mia. Mi sono sentita accolta e con la voglia di accogliere e di portare tutti all'attenzione di queste tematiche.

Sento che c'è molta attenzione nel parlare dell'importanza del genere, dei diritti, della cultura queer e sono felicissima di questo perché ce n'è davvero bisogno. Sembra che siamo in un momento di grande emancipazione, ma per come siamo messi anche a livello governativo, purtroppo non è così.

C'è bisogno di dare spazio a queste tematiche e di farle conoscere. Diciamo che è stato prima il mio lavoro a farmi entrare nella comunità e poi una mia attenzione particolare alla voglia di restare, alla voglia di impegnarmi.

Artistə LGBTQ di riferimento

Iride: Hai qualche artista di riferimento all'interno della comunità LGBTQ italiana o qualche artista che ammiri particolarmente?

Chiara Bruni: Ce ne sono molti. Anche per me è interessante perché ogni volta che partecipo a una mostra o che vengo inserita in un catalogo mi vado poi a confrontare con con tantissime persone diverse che fanno dei lavori molto interessanti.

Se devo parlarti di qualcuno, essendo io una fotografa, mi viene in mente una fotografa che mi piace molto, che ho avuto il piacere di conoscere e di fare un workshop con lei, che è Giulia Bersani e poi per chi vorrà, per chi è curioso può andare a vedere i suoi lavori che mettono il corpo proprio al centro della sua ricerca. Lo fa in un modo molto spontaneo e interessante, secondo me. Tra l'altro è uscito proprio adesso un libro che si chiama Corpo, quindi più collegata di così non poteva essere.

E poi, se penso ad altri tipi di arte mi viene in mente Alberto Maggini che fa delle sculture particolarissime. Sono andata a vedere il suo studio. È veramente un piccolo paese delle meraviglie. Quindi anche il suo lavoro secondo me va visto, è molto interessante.

E poi mi viene anche da da parlare di Angelo Guttadauro, che anche lui è un bravissimo fotografo. Mi piace molto la sua visione e fa anche video arte.

E quindi per darvi, diciamo degli esempi diversi di anche in quanti modi può essere declinata la cultura LGBT allora vi dico andate, siate curiosi, c'è tanto da scoprire.

Progetti futuri: Porno Eden, manichini e corrispondenze

Iride: Hai dei progetti futuri in cantiere che vedremo da bar.lina o in altri spazi in giro per l'Italia?

Chiara Bruni: Sto lavorando a tante cose diverse, sempre per per rimanere nella mia personalità eclettica. Sicuramente da bar.lina avremo una mostra con un progetto nuovo che si chiama Porno Eden.

Anche qui l'ho proprio dichiarato nel titolo: c'è la pornografia, ma c'è la mia volontà di elevare questa idea della pornografia. C'è una reinterpretazione.

Questo progetto è partito dall'osservazione di riviste erotiche, pornografiche degli anni Sessanta/Settanta. Andare a recuperare proprio delle immagini all'interno di queste riviste a estrapolarle e a creare intorno a queste immagini appunto un Eden, una realtà altra, un paradiso dove tutti siamo liberi di fare quello che vogliamo, ma anche siamo in pace.

 Elevare questi corpi, sempre con l'idea di toglierli da un contesto di giudizio.

Anche questo progetto è nato già un po' di tempo fa seguendo un laboratorio con i ragazzi di Yogurt Magazine che sono una realtà romana che si occupano di fotografia, di editoria fotografica.

Sono bravissimi e mi hanno aiutato a fare chiarezza. Adesso stiamo cercando di capire qual è il modo migliore per proporlo e oltre a bar.lina ci sono anche i ragazzi di Roma Smistamento che a Roma si occupano di cultura LGBT, di tematiche queer.

Ho avuto anche dei problemi con i social per questo progetto perché Instagram ha deciso che io sono il male e quindi se utilizzo la parola porno, se mostro il capezzolo di una donna vengo bannata, vengo messa in shadowban. Questo è un problema molto comune di altri artisti che si occupano di questo tipo di tematiche.

Poi c'è il progetto dei manichini che sta vivendo una nuova fase che è quella più vicina alla creazione di, non voglio avere la presunzione di chiamarle sculture, però appunto, creazione di oggetti tridimensionali.

Purtroppo io sto sempre su tante cose diverse e sono lenta. Questa è la verità. Però piano piano porterò avanti queste cose. C'è anche un altro progetto più legato alla scrittura che sto portando avanti, di una corrispondenza di lettere. Mi hanno regalato una scatola piena di lettere degli anni Cinquanta. Una storia d'amore. La sto vivendo come una serie TV.

Iride: Non vediamo l'ora di scoprire tutti questi lavori e chi volesse seguirti e scoprire man mano che cosa porterai nello spazio pubblico e online può seguire i tuoi social. Li potete trovare in descrizione sotto questo episodio.

Grazie mille per essere stata con noi. Potete trovare questa intervista e qualche contenuto speciale e tutti i contatti per scoprire meglio Chiara Bruni sul nostro sito iride.art e nei link in descrizione. Per non perdere i prossimi episodi di Iride, potete iscrivervi alla newsletter sul nostro sito iride.art, seguirci sulle principali piattaforme di streaming tra cui Spotify, Apple Podcast e Google Podcast, su YouTube e su Instagram.

Grazie ancora per essere stata con noi e alla prossima.

Chiara Bruni: Grazie, Guido. Grazie per questo invito. E grazie a voi che mi avete ascoltato e ci vediamo in giro. Vi aspetto.