Speciale bar.lina con Andrea Acocella

Intervista a Andrea Acocella, cofondatore di bar.lina

Speciale bar.lina con Andrea Acocella
Tutte le immagini e le foto in questa pagina per gentile concessione di bar.lina.

In questo episodio speciale scopriamo il mondo di bar.lina (spazio indipendente di arte e letteratura queer a Roma) con Andrea Acocella, uno dei suoi fondatori.

Durante l'intervista Andrea Acocella ci parla del suo lavoro e delle sfide che si trova ad affrontare chi si occupa di arte e cultura queer in Italia. Ci racconta l'importanza del queer come lente attraverso cui osservare e criticare il mondo e di come bar.lina metta al centro la comunità queer italiana e internazionale.

Andrea Acocella ci presenta anche Chiara Laruffa, vincitrice della seconda edizione del bando Think in Pink dedicata a giovani artistə.

Dopo aver raccontato le origini del nome "bar.lina" Andrea Acocella ci illustra anche la programmazione 2024, i progetti futuri e la natura problematica e sottovalutata del concetto di corpo "femme".

Scopri di più su bar.lina sul loro sito internet, Instagram e Facebook. Andrea Acocella è anche su Instagram

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Iride: Stai ascoltando iride, il podcast che guarda il mondo attraverso gli occhi di artiste e artisti LGBTQ.

Io sono Guido e oggi scopriremo passo a passo il mondo di bar.lina con uno dei suoi fondatori: Andrea Acocella.

Ciao Andrea.

Andrea Acocella: Ciao a tutti e a tutte a tutt.

Iride: Che cos'è bar.lina?

Andrea Acocella: bar.lina è uno spazio indipendente, orgogliosamente indipendente direi, di arte e letteratura queer nato nel 2021 da un'idea mia e delle altre persone fondatrici e nasce come progetto principalmente culturale dell'associazione che fondammo, che è Fluida che attualmente ancora continua a operare sul territorio in forme diverse, attraverso formazione, consulenze, insomma fa altre cose indirizzate alla diversità di inclusione.

Però bar.lina è innovativo perché, me lo dico anche da sola, perché pone la comunità queer italiana e internazionale al centro del proprio del proprio sviluppo. La cosa che mi piace tanto raccontare e che mi chiedono in molte persone è "perché bar.lina"?

bar.lina lo prendiamo in prestito dalla letteratura di Pier Vittorio Tondelli in questo caso. Non Tondelli di camere separate, quindi il Tondelli romanziere che ci ha regalato le più belle pagine della nostra vita da questo punto di vista - poi parere ovviamente personale - però lo prendiamo appunto dal Tondelli cronachista, giornalista, quello un po' più sagace, ironico, più anche per certi aspetti attento nella sua ironia.

Scrisse un articolo nel 1985 dove titolava bar.lina.

Lui, come solo grandi maestri sanno fare, prende le mosse da un fatto di cronaca nera che era accaduto in quei giorni in cui scriveva raccontando ch e chiusero il Novantanove Fragole che era questa discoteca della riviera romagnola e magicamente, come dice lui, la riviera benpensante quindi composta da famigliole, nonnine, ziette, nipoti, si sveglia e scopre della presenza nella tranquilla riviera della comunità omosessuale, lesbica e trans dell'epoca. E quindi apriti cielo.

Ma questo ha dato il modo a Tondelli poi di approfondire in maniera quasi antropologica alcuni aspetti che poi noi abbiamo cercato di ereditare. Quindi lui dice che se contemporaneamente, quindi stiamo parlando sempre dell'ottantacinque, all'estero era pieno di luoghi deputati alla comunità, dove la comunità si poteva stringere in maniera safe, che lo portavano già nel nome quindi Man to Man, Rainbow Bar,... invece in Italia, come dice lui, abbiamo fatto le cose un po' a modo nostro e in pratica la comunità, LGBTQ degli anni 80 almeno quella romagnola, si andava a stringere tutta intorno a questo chiosco che si chiamava appunto bar.lina ed era gestito da due vecchietti.

Quindi un luogo che non nasce direttamente per la comunità ma della quale ci siamo appropriati ed è diventato uno spazio sicurissimo dove la comunità dell'epoca si poteva riunire e stare insieme e fare comunità.

E lui Pier Vittorio Tondelli con grande ironia dice che bar.lina è la risposta italiana alla froceria internazionale.

E noi da questo punto di vista ci siamo sentite un po' eredi di questo proprio perché, essendo gli unici che fanno questo tipo di attività culturali sul queer indirizzate non solo alla visibilizzazione delle istanze queer attraverso il mezzo artistico ma lo facciamo anche attraverso un public program molto costante fatto di talk, incontri, workshop, presentazioni, la rassegna cinematografica, insomma non ci limitiamo.

E essendo ripeto gli unici siamo un po' questo tipo di risposta a luoghi come bar.lina che all'estero invece sono molto più frequenti. Anche un po' l'ispirazione viene proprio da fuori anche da questo punto di vista. Quindi questo centro culturale piccolino come bar.lina che è composto principalmente da una sala che è una project room dove noi andiamo a fare le esposizioni e le presentazioni un po' più corpose e una piccola lounge room dove c'è appunto la biblioteca, il piccolo bar che ci serve un po' per sovvenzionare le attività dell'associazione in questa forma un po' ibrida che è tipica ad esempio delle gallerie frocie tra virgolette di San Francisco, quindi di Castro.

Iride: Che cosa significa essere uno spazio di ricerca sul queer?

Andrea Acocella: Innanzitutto tanta fatica perché purtroppo siamo completamente da questo punto di vista soli, non abbiamo mai avuto dei punti di riferimento ai quali osservare, almeno sul territorio nazionale.

Perché poi l'ispirazione di bar.lina viene da fuori, viene da viaggi all'estero, viene da quello che succede fuori dove realtà come la nostra non sono all'ordine del giorno, perché ovviamente è sempre un problema, però sicuramente sono più frequenti.

Stare da soli significa lottare per quello che in realtà crediamo tutte noi e portare avanti un messaggio fondamentalmente che è quello dell'inclusione totale e globalizzante e soprattutto riuscire a far emergere politiche su corpi, desideri, identità che magari in Italia ancora non sono così all'ordine del giorno e non sono le agende delle istituzioni culturali.

E quindi un po' dobbiamo partire dal basso e noi cerchiamo di di farlo.

Iride: Con Iride abbiamo intervistato Chiara Laruffa che con Eternamente Inquieta sarà ospite nei vostri spazi a partire dal dieci di febbraio (2024). Come siete entrati in contatto con Chiara e di che tipo di progetto fa parte?

Andrea Acocella: Sono orgogliosissima di ospitare la mostra personale di Chiara Laruffa a partire dal 10 febbraio 2024 si chiamerà Eternamente Inquieta ed è la prima persona vincitrice della seconda edizione di un bando che si chiama Think in Pink che noi abbiamo lanciato con questa open call.

È la seconda edizione, la prima è stata lanciata verso gennaio 2023 e quest'anno invece abbiamo un po' anticipato i tempi e abbiamo lanciato la seconda a novembre ed è nata appunto dopo un iter di selezione di una marea di materiale che ci è pervenuto alla nostra casella di posta elettronica. E devo dire che ha risposto a tutti quei criteri che in questo momento stiamo ricercando.

Piccolo inciso: Think in Pink è un progetto che curo io personalmente all'interno degli spazi della lounge room di bar.lina dove Noi abbiamo questa ormai caratteristica parete rosa confetto e noi chiediamo alle persone, emergenti in questo caso, di mettersi in relazione idealmente con questa parte rosa portando e presentandoci un lavoro che loro reputino in linea con la ricerca che sta affrontando bar.lina.

La call è aperta alle persone che stanno ancora studiando nelle accademie e nelle università. Questo è l'unico criterio di selezione forte, l'unico sbarramento da questo punto di vista perché ci tengo io particolarmente a portare avanti un progetto per le persone che stanno ancora studiando proprio perché da curatore ho ragionato parecchio.

Sono stati due gli ordini di motivi che mi hanno spinto. Il primo è che avendo parlato con loro si lamentavano della ripulsione da parte del mondo culturale, delle gallerie quelle più istituzionali per mettere in mostra i loro lavori. Quindi hanno in un certo senso sperimentato uno stigma molto simile allo stigma che continua a vivere la comunità queer in generale. E dall'altro ho notato che i discorsi legati al queer, ai trans femminismo, alle politiche del corpo, alle dissidenze, alle resistenze siano dei linguaggi molto più sentiti e restituiti poi da parte della nuova comunità artistica italiana in questo caso.

E Chiara Laruffa è rientrata in questo progetto Think in Pink ed è appunto la prima persona che abbiamo invitato della seconda edizione e porta questo lavoro che si chiama Eternamente Inquieta che poi tra l'altro si lega molto molto bene anche con la mostra che stiamo ospitando e che ospiteremo fino al venticinque di febbraio a cura di Beatrice Puddu che si chiama Pelle.

Iride: Hai menzionato uno stigma che colpisce le persone che si occupano di arte LGBTQ e di certe tematiche in Italia.

In che modo e perché secondo te c'è ancora questo stigma?

Andrea Acocella: Le istituzioni ignorano completamente quali sono i nuovi aspetti della contemporaneità e non hanno nessun tipo di interesse allo stato attuale di inserire all'interno dei programmi le istanze queer.

Che poi io quello che ci tengo tantissimo a dire sempre e comunque è che queer non è la persona in sé quanto una lente con la quale osservare il mondo e criticizzarlo e quindi riposizionarsi continuamente sulle proprie posizioni anche rispetto a quello che ci circonda. Quindi il queer è una chiave di lettura per rendere sicuramente il mondo molto più intersezionale e si pone quasi a paradigma anche di questo.

Il queer è scomodo proprio perché rimette in discussione tutti i nostri fondamenti. La parola queer non viene mai menzionata. Insomma sono tanti e vari gli aspetti problematici e da problematizzare rispetto a questo stigma, a questa repulsione.

Iride: Stai notando un interesse maggiore rispetto a certe tematiche nelle nuove generazioni di artiste e artisti italiani?

Andrea Acocella: La risposta è completamente affermativa. È un sì gigante. Ho avuto modo di poter visionare centinaia di portfolio diversi.

Questo fatto è direttamente proporzionale all'appartenenza alla generazione Z che è sicuramente ormai molto più avvezza a tirar fuori determinate tematiche che sentono come urgenti proprio perché c'è ormai una libertà maggiore da parte delle giovani persone nel sentirsi libere di parlare di determinati argomenti senza freni, senza la paura di essere giudicati dalle altre persone perché hanno sviluppato dal mio punto di vista una sensibilità che è l'evoluzione più o meno diretta di quello che abbiamo seminato noi generazione queer nata negli anni novanta che a nostra volta abbiamo raccolto i semi della comunità precedente.

Perché giustamente le evoluzioni non avvengono in cinque minuti. Ci vogliono decine di anni. Quindi più o meno io mi sono fatto un calcolo e la generazione che attualmente sta rispondendo alla call, Think in Pink quindi stiamo parlando di persone del 2001, 2001 più o meno, hanno saputo raccogliere quell'eredità e sviluppare quell'eredità nella quale noi abbiamo mosso i primi passi. Io in primis come come curatore dieci anni fa avevo quasi paura nel proporre all'università... anzi non quasi, avevo paura nel proporre ad esempio piccoli progetti, tesi che avessero a che fare con il mondo queer perché intanto non se ne sentiva l'esigenza.

Dopo dieci anni effettivamente mi sono reso conto che questo discorso è stato dal punto di vista della maggioranza tra virgolette della popolazione delle nuove generazioni è stato abbastanza introiettato e viene ormai restituito come un qualcosa di quasi normale. Però poi si accorgono che effettivamente si devono scontrare con la realtà dei fatti.

Quindi c'è questa incongruenza che è proprio un'incongruenza del nostro Paese: da una parte c'è una generazione, c'è un establishment politico che sembra quasi cieco rispetto a determinati fatti che accadono, all'evoluzione del mondo e invece le nuove generazioni che sono al passo, sono iperconnesse, hanno l'opportunità di fare molto più velocemente quello che dovevo fare io, che potevo fare io dieci anni fa e sicuramente c'è un humus molto molto fertile in questo e che ha permesso la circolazione delle idee, delle identità, dei corpi in maniera diversa e quindi secondo me ormai c'è un'evoluzione.

Iride: È possibile, secondo te, per un artista queer in Italia vivere del proprio lavoro oggi?

Andrea Acocella: Bella domanda. Bella domanda. Allora. Artisti queer che possono vivere del proprio lavoro ad oggi, sì. Perché limitarsi?

Ovvio è una scelta difficile quella del mondo dell'arte. Perché è un mondo che tendenzialmente all'inizio non ripaga, è una lotta, è una lotta dura quella del mondo dell'arte, ma è per tutte le persone che appartengono al settore culturale, gli operatori e le operatrici culturali in generale. E quindi sì, potrebbero tranquillamente vivere del proprio lavoro, con grande fatica. Ma penso che questo non sia dipeso dall'appartenere o meno a una comunità o avere determinate idee. È è il gioco della vita all'interno del mondo della cultura.

Anch'io insegno. bar.lina è tutto volontariato. Però c'è una soluzione. Insomma non voglio essere così disfattista. Bisogna essere un po' furbi e un po' attenti perché comunque i finanziamenti arrivano. Bisogna stare attenti ai bandi, alle proposte perché ce ne sono tantissime. È sicuramente più dura, ma chi fa arte principalmente campa di bandi, a meno che non raggiungi determinati livelli.

Il mondo dell'arte è un mondo capitalizzato ed è capitalistico e girano tantissimi soldi. Devi riuscire ad essere bravo nell'inserirti in un determinato ambiente. È proprio così il sistema dell'arte. Una volta che viene rappresentato da una buona galleria allora hai anche possibilità.

Certo non è assolutamente il mercato estero. In Italia non esiste il piccolo mercato. La cosa più triste perché, se in Francia o in Germania andare in una galleria e prendersi una stampa, una fotografia, una piccola opera anche da cento, duecento, trecento euro ha quello stesso identico valore che in Italia è dato per la scarpa di lusso. Cioè non abbiamo educato le persone a comprare l'arte. Tante persone si comprano trecentocinquanta, trecento euro di Nike appena sfornate e poi però spendere quella stessa cifra per un altro oggetto tendenzialmente di lusso, perché comunque arte è sempre lusso, quelli sono soldi superflui.

Non siamo delle generazioni educate a questo. Andiamo dietro a tante altre cose che realmente sono superflue perché vanno a foraggiare un'industria già multimiliardaria, penso a tutta l'industria del vestiario e invece si dimentica che il prodotto artistico è di una persona singola e quindi non non stai andando dietro ad un'azienda ma stai realmente facendo campare anche una persona, le stai dando la possibilità di andare avanti, produrre e ricominciare e quindi automaticamente rigenerare sempre, rimettere in moto quel fuoco dell'arte che poi ricomincerà di nuovo a produrre altre opere, sempre meglio, sempre meglio e sempre meglio.

Poi, diciamocela chiaro, in Italia, ma anche molto all'estero, si è perso completamente il piacere di comprare perché mi emoziona. Ci sono dei fondi di investimento nell'arte. Ci sono delle persone come figure professionali che sono come degli agenti di commercio che vanno lì, si propongono, vengono stipendiati dalle aziende perché c'hanno dei soldi da investire, dato che ci possono riprendere anche dalle tasse allora fanno il fondo di investimento sull'arte e quindi è tutta indirizzata in quel in quell'ottica. Perché lo sanno che poi tutto quello che prendono aumenterà di valore se chi te le propone è bravo e c'ha visto lungo.

Iride: L'unico settore in cui questa cosa non la vedo succedere, per lo meno non in Italia, forse neanche in Europa, è tutto il mondo legato all'arte del fumetto e dell'editoria. Quel mondo lì su cui probabilmente ci sono troppi pochi soldi in questo momento per far piombare quel tipo di fondi di investimento.

Quindi forse la gente compra ancora un fumetto perché si emoziona o una tavola originale del fumettista e non tanto per per il valore futuro.

Andrea Acocella: Infatti questa è la grande fortuna anche di chi fa grafica, di chi si occupa di graphic novel, fumetto e manga, tutto quel mondo là disegnato, perché è molto più facile proprio perché c'è un pubblico attento e partecipe, più le volte che vengono autofinanziati con una campagna di crowdfunding dove la gente è felice... io ho delle persone a me molto care e loro costantemente sovvenzionano artisti che si occupano di graphic novel principalmente dandogli delle cose su Kickstarter.

Persone felici perché a casa poi arriva firmata, appena stampata la loro bella copia e dicono cavolo l'ho aiutata anch'io a fare questo capolavoro che io mi leggo con molta passione perché le case editrici altrimenti non se la fregherebbe. Un pubblico veramente vasto, prende molta più gente. quindi è più facile che se arrivi a un milione di persone te ne ritornino indietro mille.

Iride: Forse la video arte non ha lo stesso pubblico di riferimento ed è difficile che arrivi qualcuno a finanziare un progetto di video arte su kickstarter. La vedo un pochino più difficile, soprattutto in un contesto come quello italiano. Magari negli Stati Uniti succede, ma sicuramente non in Italia.

Nonostante questo a Roma in questo momento, oltre a voi, si stanno sviluppando una serie di realtà negli ultimi anni legate al mondo della cultura quer della cultura LGBTQ.

Secondo te questo, perché sta avvenendo e come sta avvenendo soprattutto sul territorio romano?

Andrea Acocella: È vero, ce ne siamo accorte anche noi per fortuna piano piano si sta espandendo un po' la proposta culturale che non sia quella solo legato al mondo della notte, del divertimento.

La nostra generazione quindi le persone nate tra la fine degli anni ottanta e i primi anni novanta, adesso iniziano ad essere delle persone che iniziano ad avere più o meno trent'anni e quindi stiamo stiamo raccogliendo i frutti della dura ricerca e del duro lavoro e adesso abbiamo una consapevolezza diversa nel poter portare avanti dei progetti culturali.

Ripeto, è una questione generazionale e di tempo perché tutte le cose avvengono, l'evoluzione è lenta e ben venga, insomma che in questo momento persone come noi di bar.lina, mi viene in mente anche Malo, Roma Smistamento, Antigone stessa, come libreria che è un polo culturale importantissimo a Roma e adesso a febbraio compie due anni. Quindi anche Antigone c'è da poco a Roma ed è sempre la nostra la nostra generazione quella che la sta portando di nuovo in vita.

Iride: Quali sono i temi su cui vi focalizzerete maggiormente nel duemila e ventiquattro come bar.lina?

Andrea Acocella: L'anno scorso ci siamo concentrati sui corpi in linea generale cercando di dare un andamento per far vedere che cosa stava accadendo nella contemporaneità rispetto al corpo.

Quest'anno invece un po' per caso, un po' per istinto ci è venuto da concentrarci sul corpo femme principalmente. Sta emergendo tantissimo il femme come tematica.

Ripeto un po' per caso perché sono arrivati dei progetti esterni che ci hanno fatto ragionare e anche internamente i lavori che ci sono pervenuti anche tramite la call, tante artiste si stavano concentrando sul tema del corpo femme. Quindi la maggior parte della programmazione sarà indirizzata verso questo aspetto che è ancora completamente un terreno inesplorato di indagine sia dal punto di vista artistico, ma anche dal punto di vista culturale, dei prodotti, dei prodotti testuali, della critica, della letteratura.

C'è veramente poco sul femme se non la contrapposizione classica butch-femme nel mondo lesbico.

bar.lina quest'anno si concentrerà nel problematizzare questo aspetto che è dal nostro punto di vista problematico e va esplorato nella maniera più adatta, anche attraverso dei prodotti artistici.

Iride: Nel caso in cui ascoltatori e ascoltatrici non sapessero di che cosa si parla, che cos'è un corpo femme e di che cosa andrete a parlare?

Andrea Acocella: Il femme come concetto nasce all'interno della comunità a partire dagli anni cinquanta/ sessanta si iniziava a parlare di femme sempre però in un'ottica di contrapposizione binaria della performatività.

Quindi il corpo femme era sempre quel corpo che si accompagnava a una donna butch, iper mascolinizzata, contrapposta appunto a una donna femme, una donna invece iper femminile. È un concetto problematico e che ha dei risvolti anche abbastanza negativi e discriminatori interni stessi alla comunità. Tendenzialmente si andava a tacciare la donna femme come colei che strizzava l'occhio al patriarcato.

Quindi se una donna butch andava in giro vestita con pantaloni e cravatta e cappello, la donna femme invece va visualizzata come quella donna vestita con i vestitini anni sessanta, la casalinga classica, per come ce la visualizziamo, per come ce l'hanno tramandata purtroppo.

Questo concetto poi è stato traghettato nel corso del tempo e ha assunto poi dei problemi ulteriori perché noi abbiamo notato che il corpo femme non riguardava solo ed esclusivamente la comunità lesbica, se non addirittura tutta la comunità delle donne. E quindi anche il corpo iper femminilizza di una donna eterosessuale è ormai stigmatizzato e ha dei problemi, quindi siamo usciti dalla sfera propria della comunità per invece intrometterci nella totalizzazione.

Ed effettivamente le donne iperfemminili hanno grandissimi problemi sul posto di lavoro, nel rapportarsi all'interno della società perché non prese in considerazione, perché non brave, è impossibile che una donna alta, bionda e con la minigonna possa essere anche una donna STEM.

Quindi una donna che abbia a che fare con la matematica, con la fisica, con le scienze. Sicuramente una donna che se ha raggiunto un determinato successo è perché ci sono stati dei favoritismi sessuali. È una donna che non può sentirsi libera di vivere la propria sessualità e il proprio corpo perché altrimenti è automaticamente associata a una sex worker.

Abbiamo trovato tanti aspetti negativi e ci fa specie che quasi nessuno ne abbia parlato fino ad oggi. E quindi abbiamo iniziato con questo programma proprio di ricerca insieme a una curatrice che si chiama Serena Santoni.

bar.lina si occuperà solo della parte di coordinazione e organizzazione delle attività ma si sta prefigurando ad esempio un aspetto di ricerca molto importante che poi porterà a delle mostre nel periodo di aprile, maggio proprio specifiche. Però, ripeto, abbiamo notato in generale che il programma di berlina da qui a settembre prossimo sarà puntellato dai corpi femminili.

Iride: Ci puoi già anticipare alcune delle artiste e degli artisti che tratteranno questo tema il femme nei vostri spazi?

Andrea Acocella: Sperando di non attirarmi le ire dell'altra curatrice che sta tenendo tutto un po' nascosto.. A parte gli scherzi mi piacerebbe sicuramente parlarne poi anche con Serena, magari in un momento dedicato. Sono delle persone che, alcune Iride già conosce, tra cui Chiara Bruni che è una delle artiste che è stata invitata a questo progetto. Un'altra artista è Eva Maleen che con noi ha fatto una personale a ottobre che si chiama Crack in Time e poi sono state invitate Giulia Barone e Livia Giuliani.

Iride: Nei prossimi mesi tenete d'occhio i social e il sito internet di bar.lina per scoprire che cosa prevede la programmazione, dove, come e quando andare a scoprire di più su questi temi. Ricordiamo anche l'indirizzo perché non abbiamo ricordato fino ad ora l'indirizzo di bar.lina.

Andrea Acocella: siamo in viale dello Scalo San Lorenzo 49 a Roma e per ora siamo aperti dal venerdì alla domenica tutti i pomeriggi fino alle otto se non ci sono eventi durante la settimana, perché in quel caso, ovviamente siamo aperti anche durante la settimana.

L'unico modo per scoprirlo è collegarsi con i nostri social, noi siamo su Instagram @barlina.org_ . È il mezzo di comunicazione privilegiato per tutti i nostri eventi e tutte le nostre attività.

Iride: Grazie mille per essere stato con noi. Potete trovare questa intervista, qualche contenuto speciale, tutti i contatti, tra cui appunto Instagram, per andare a scoprire meglio bar.lina sul nostro sito iride.art e nei link in descrizione. Per non perdere i prossimi episodi di Iride potete iscrivervi alla newsletter sul nostro sito iride.art, seguirci sulle principali piattaforme di streaming tra cui Spotify, Apple Podcast e Google podcast, su YouTube e su Instagram.

Grazie ancora e alla prossima.

Andrea Acocella: Grazie.