Chiara Laruffa

Intervista a Chiara Laruffa, video artista

Chiara Laruffa
Tutte le immagini e le foto in questa pagina per gentile concessione dell'artista.

In questo episodio esploriamo il mondo artistico di Chiara Laruffa, giovane video artista.

Chiara Laruffa ci racconta della sua passione per la musica e della sua transizione verso la video arte, incoraggiata dal contesto stimolante di Roma dove si è trasferita per studiare. Spiega come abbia iniziato a lavorare sul corpo femminile a partire da sè stessa. Inoltre rivela come il suo primo lavoro di video arte abbia avuto origine durante il lockdown.

Ci racconta i suoi metodi di lavoro, le influenze artistiche, i suoi sentimenti riguardo l'esposizione dei suoi lavori in pubblico, la partecipazione al bando Think in Pink e l'imminente esposizione del suo lavoro a bar.lina e alla Soho House Roma.

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Iride: Stai ascoltando Iride, il podcast che guarda il mondo attraverso gli occhi di artiste e artisti LGBTQ e ally.

Io sono Guido e oggi scopriremo passo a passo il mondo di Chiara Laruffa.

Benvenuta!

Chiara Laruffa: Ciao Guido. Grazie per avermi invitata.

Iride: Come hai iniziato a interessarti di video arte?

Chiara Laruffa: Ho Ho iniziato a interessarmi al mondo della musica come primo approccio artistico che ho avuto. L'interesse per la video arte è nato di recente, circa due anni fa, quando mi sono trasferita a Roma e ho iniziato i miei studi nel campo dell'audiovisivo. È stato un contesto molto stimolante in cui ho scoperto questa nuova forma di espressione artistica a cui prima non mi ero mai approcciata e quindi da lì ho iniziato a creare anche contenuti di video arte e quindi a poter fondere anche questi due medium, sia la musica che il video.

Studiare a Roma, trasferirmi qui a Roma e studiare audiovisivo è stato proprio il catalizzatore per la mia passione per il video e per la video arte.

Iride: Ti ricordi ancora il primo il tuo primo lavoro di video arte?

Chiara Laruffa: Eh, sì. Il mio primo lavoro è stato fatto durante il periodo del covid, della quarantena. È stato un lavoro che ho creato a casa quando ancora non si poteva uscire. Ho creato questo lavoro di video arte a casa. Ancora ero alle prime armi, quindi è stato un lavoro molto amatoriale.

Iride: Che cosa ti ha spinto a metterlo in piedi?

Chiara Laruffa: La noia forse. La noia di quel momento, quindi non saper cosa fare e mi stavo lentamente appassionando al mondo video e ho deciso di riprendere delle scene di vita quotidiana, quindi di quello che facevo a casa con la mia famiglia perché sono rientrata a casa con la mia famiglia durante il periodo del covid. Quindi riprendere scene un po' di vita quotidiana.

Poi e ho montate insieme e ne è venuto fuori, diciamo il mio primo lavoro di video arte.

Iride: Il corpo femminile è al centro di alcuni tuoi lavori più recenti. In che modo hai iniziato a lavorare sul corpo femminile?

Chiara Laruffa: Ho iniziato a lavorare sul corpo femminile piuttosto di recente con due video, due progetti. Ho iniziato a lavorarci perché è sempre stata una tematica che mi sta molto a cuore.

Si attraversano dei periodi in cui ci sono anche difficoltà ad accettare il proprio corpo, difficoltà a esporsi e io direi che da quando ho cambiato città queste difficoltà sono riuscita a superarle sempre di più. Quindi ho deciso di avere una sorta di rivincita e di riuscire a mostrare il mio corpo, a mostrare il corpo femminile anche in video, nella mia arte, in foto.

Per me è stato un modo di riscattarmi da una realtà che vivevo prima che era una realtà in cui provavo molto imbarazzo per il mio corpo. Provavo molto disagio. Quindi con il video sono riuscita a esprimermi di più, a mostrarmi di più e non vergognarmi più.

Quindi metti te stessa al centro delle tue opere oppure preferisci lavorare con modelle?

Chiara Laruffa: Spesso metto me stessa, però mi piace anche lavorare con modelle, anche vedere come altre persone si sentono di mostrare il proprio corpo, si sentono a proprio agio di fronte alla videocamera.

È stato un percorso piuttosto, non direi facile, ma è stato un percorso che mi ha aiutata, mi ha portata a vedere la realtà da un punto di vista più aperto, più personale. Mi son sentita molto più sicura di me stessa. Quindi sì, è stato anche un percorso difficile ma è stato un percorso che mi è venuto quasi naturale perché l'ho fatto in un periodo in cui mi sentivo sempre più a mio agio con me stessa.

Quindi non l'ho fatto in un periodo in cui avevo difficoltà a mostrarmi. È andato di pari passo col sentirmi più a mio agio col mio corpo e con me stessa e quindi mostrarmi nella mia arte, mettermi come protagonista della mia arte mi è venuto sempre più naturale

Iride: In che modo migrare ha condizionato questo tuo cambiamento?

Chiara Laruffa: L'ha condizionato perché mi sono ritrovata in un mondo in cui potevo confrontarmi con realtà diverse rispetto a prima, perché essendo nata e vivendo in un paese molto piccolo, con pochi abitanti, è stato sempre difficile trovare un confronto con persone con cui magari potevo sentirmi più a mio agio, con cui potevo sentirmi più me stessa.

Sono sempre stata un po' limitata dal punto di vista artistico e personale quindi trasferirmi in una città più grande mi ha aiutata a potermi confrontare con persone con cui mi sentivo più affine, con cui mi sentivo più a mio agio e quindi con cui potevo confrontarmi anche dal punto di vista artistico e quindi questo mi ha aiutato a potermi esprimere di più, a poter mettere più me stessa nella mia arte.

Iride: Tu hai studiato all'accademia di Belle Arti di Roma e negli ultimi anni stai iniziando a portare i tuoi lavori in alcuni spazi, romani principalmente. In che modo sei entrata in contatto per esempio con bar.lina, che è lo spazio in cui vai a esporre il tuo lavoro a partire dal 10 di febbraio (2024)

Chiara Laruffa: Sono entrata a contatto grazie a una call che hanno pubblicato sul loro sito che si chiama Think in Pink! ed è dedicata comunque, come tutto lo spazio bar.lina che è dedicato all'arte queer. È l'unico spazio di arte queer in Italia. Questa call si concentra sul lavoro di giovani artisti quindi la maggior parte degli artisti che partecipano a questa call hanno tutti più o meno la mia età.

Ho partecipato a questa call e sono stata scelta per esporre il mio lavoro in questo contesto, Ho conosciuto bar.lina grazie anche a questo programma che sto intraprendendo con la Soho House di Roma. Ho partecipato a questo programma di mentorship con la Soho House e grazie a loro ho conosciuto Alessandro Calizza, che è il mio mentore in questo programma e lui mi ha fatto conoscere degli spazi artistici a Roma, tra cui bar.lina.

Iride: bar.lina è uno spazio queer, l'unico spazio espositivo queer in Italia di cui io abbia conoscenza. In che modo sia entrata a contatto con la comunità LGBTQ?

Chiara Laruffa: Io non faccio parte della comunità LGBTQ ma da quando mi sono trasferita qui a Roma ho avuto l'opportunità di poter entrare a contatto sempre di più con la comunità LGBTQ e ne sono una sostenitrice attiva. Soprattutto con l'arte LGBTQ che prima conoscevo poco e niente, diciamo.

E invece ho trovato che dal punto di vista artistico, specialmente il mondo LGBTQ è un mondo molto interessante perché l'arte LGBTQ non è arte che è fine a sé stessa ma diventa anche proprio un veicolo per trasmettere delle sfide, delle storie e quindi c'ho trovato una marcia in più e mi sono interessata sempre di più. Anche se appunto sono anch'io alle prime armi e sto conoscendo adesso la maggior parte degli artisti qui a Roma e in Italia.

Iride: Che tipo di messaggio vuoi inviare a chi guarda la tua arte?

Chiara Laruffa: Vorrei che chi guarda la mia arte riuscisse a riflettere. Infatti è una reazione che io spesso ottengo dalle persone dopo che guardano la mia arte. Questo feedback che magari è un po' silenzio tipo riflessione. La maggior parte degli spettatori magari rimangono in silenzio e questo silenzio secondo me è un silenzio che ha un certo impatto per me, perché è come se le persone stessero immagazzinando quello che hanno appena visto, stessero rendendo proprio quello che hanno appena visto.

Questo è quello che vorrei suscitare. Vorrei che ogni persona riuscisse a prendere qualcosa dai miei video, dalla mia arte e farlo proprio. Spesso sono delle opere più concettuali quindi il significato non traspare magari alla prima visione e quello che mi piace è creare questa connessione intima con lo spettatore.

Vorrei che lo spettatore si sentisse come se potesse proprio immedesimarsi nell'opera, come se l'avesse fatta lui stesso.

Iride: Oltre al corpo femminile quali sono gli altri temi del tuo lavoro?

Chiara Laruffa: Uno dei miei ultimi lavori è stato un video sugli spazi liminali. Gli spazi liminali sono appunto questi non luoghi, questi luoghi di passaggio tra un luogo e un altro, tra una sensazione e un'altra. Quindi sono sempre i temi che tra l'altro sono sempre delle sensazioni, degli stati, dei periodi che si affrontano nella vita e questo, per esempio sugli spazi liminali è su un periodo di transizione quindi, che magari si può affrontare nella vita un periodo di confusione in cui non ci si sente né in un posto né in un altro.

Iride: Come nascono i tuoi progetti?

Chiara Laruffa: Parte tutto dalle riprese. Prima faccio delle riprese di cose da cui vengo ispirata, situazioni, luoghi, persone. Poi da lì riguardandole riesco a formarne qualcosa, a crearne qualcosa, a essere ispirata per poi far nascere un progetto.

Quindi non parto proprio da un progetto specifico ma spesso parto da riprese che faccio e poi metto insieme e creo da lì.

Iride: Giri sempre con una macchina fotografica? Hai sempre una telecamera con te o è qualcosa che fai quando decidi di focalizzarti su quello?

Chiara Laruffa: Ne ho sempre una con me. Sì, ne ho sempre una con me. Di solito la porto sempre perché non so mai quando c'è qualcosa che magari potrebbe ispirarmi in giro.

Iride: Uno dei tuoi lavori che hai anche esposto in una libreria e pubblicato su una rivista era un video documentario.

 In che modo fare un video documentario è diverso rispetto ai tuoi lavori successivi e che cosa ti ha portato a fare un video documentario?

Chiara Laruffa: Di solito gli studi all'accademia sono studi tradizionali, sui tipi di medium tradizionali. Quindi studiare audiovisivi all'accademia è stato un po' come studiare cinema tradizionale.

Però mi è capitata questa occasione di approfondire il movimento Fluxus che è un movimento artistico che sfida le convenzioni artistiche, quindi i medium tradizionali. E da lì, ispirandomi molto a questo movimento che è un movimento di performance, videoarte, comunque non si etichetta con un genere artistico specifico, sono riuscita comunque ad abbracciare la fusione di queste forme artistiche e da qui sono riuscita a creare e mi sono appassionata sempre di più a creare questa sorta di video documentari che abbracciano elementi visivi, sonori, concettuali diversi che provengono anche da diversi mondi in un'unica creazione. Quindi questi video documentari, la differenza che hanno rispetto ad altri video è che le riprese sono diverse in diversi luoghi, diverse persone, diverse occasioni, tutto come se fosse un diario visivo praticamente.

Quindi non sono più dei video che si concentrano soltanto su una tematica, su un ambiente, su una persona ma sono video diari che ritraggono scene di vita quotidiana, scene di natura, animali, persone che sono un po' una combinazione di vari elementi.

Iride: In che modo vorresti che il tuo pubblico si approcciasse al tuo lavoro? In che modo e in che contesti?

Chiara Laruffa: Vorrei che si approcciasse al mio lavoro anche in contesti come mostre. I miei video sono molto brevi. Di solito sono video che durano da uno a tre minuti massimo quindi c'è questa possibilità di magari mandare questi video in loop durante mostre. Quindi non necessitano di una visione in cinema, in sale dove si possono fare proiezioni più lunghe.

Quindi mi piacerebbe che i miei video fossero messi più in contesti di mostre come quella che appunto farò da bar.lina. Mi piacerebbe che le persone si approciassero al mio video come si riescono ad approcciare a un'opera d'arte, a un quadro, ad una fotografia, anche se il video appunto richiede più attenzione ed è magari più lungo. Mi piacerebbe che fosse integrato in una mostra. Come è integrata una fotografia, un'opera d'arte. Vorrei che la gente riuscisse ad abituarsi a vedere anche video in questi contesti perché in questi contesti è più facile vedere altri tipi di opere d'arte, quasi mai video.

Iride: Nel lavoro che porti a bar.lina uno dei temi ricorrenti, oltre al corpo femminile, è l'acqua. Come mai hai deciso di lavorare sull'acqua?

Chiara Laruffa: Tutto è partito da fare una ricerca su materiali di archivio. Tra questi materiali di archivio mi sono concentrata principalmente sui documentari e ho trovato questo documentario sull'acqua in cui l'acqua viene descritta proprio come se fosse una persona, cioè le vengono attribuiti aggettivi come se fosse una donna. E quindi in quel momento, ascoltando questo documentario, ho capito quanto in realtà la forza della donna potesse essere paragonata alla forza distruttiva dell'acqua perché l'acqua appare delicata, limpida, chiara, quasi banale. In realtà ha una forza distruttiva, ha una forza che è incontrollabile, che nessuno può fermare.

Iride: Per te le donne hanno una forza distruttiva?

Chiara Laruffa: Per me le donne potrebbero avere una forza distruttiva. Sì, è una cosa che mi piace.

Iride: Hai dei progetti in cantiere o per il momento non c'è ancora nulla?

Per il momento ho in contemporanea con la mostra da bar.lina ci sarà anche una mostra alla Soho House che sarà quindi la mostra a termine di questo programma che abbiamo fatto in questi mesi. A questa mostra porterò un altro video che è un video sempre sulla donna, sullo sviluppo, principalmente durante l'adolescenza, della donna.

Sarà una mostra diciamo collettiva che faremo con gli altri ragazzi che hanno partecipato alla mentorship della Soho House e sarà l'undici (febbraio 2024) questa, quindi il giorno dopo quella da bar.lina. E ci sarà appunto sempre questo video breve che si intitola Girlhood sullo sviluppo della donna.

Iride: Tra i tuoi riferimenti per la creazione di Eternamente Inquieta, che è il lavoro che porterai da bar.lina, citavi alcuni video che hai recuperato sull'acqua, che ti hanno ispirata. Quali sono i tuoi altri riferimenti e ispirazioni?

Chiara Laruffa: Una delle mie principali ispirazioni è Jonas Mekas che è un video artista lituano. È un artista che fa video diari e mi ha sempre molto ispirato il suo stile, come anche quello di altri video artisti come Nam June Paik, anche alcune opere di Yoko Ono, che sono sempre artisti che appartengono al movimento Fluxus. Ma Jonas Mekas è il principale che mi ha ispirato, perché i suoi sono video diari, con scene di vita quotidiana e lui utilizza questa tecnica del voice over sui suoi video e affronta sempre delle tematiche molto personali.

Iride: C'è qualche artista LGBTQ italiano o italiana che in qualche modo ti ispira o che ti senti di consigliare?

Chiara Laruffa: Come dicevo è molto recente il mio approccio all'arte LGBTQ italiana però dal punto di vista video apprezzo molto il lavoro di Angelo Guttadauro o per esempio di Simone Bozzelli, che sono due artisti sempre video e foto.

Ma sto iniziando a conoscerne nuovi ogni giorno.

Iride: Uno dei temi principali del tuo lavoro sono, come dicevi prima, gli spazi liminali e le incertezze, i dubbi, i momenti in cui non c'è una chiarezza. Nella tua evoluzione artistica ci sono stati momenti di questo tipo?

Chiara Laruffa: Sì, sì. Decisamente sì. Ci sono stati momenti di questo tipo principalmente quando ho iniziato ad approcciarmi al video, perché prima di approcciarmi al video io ero convinta di volere fare musica, quindi di voler rimanere nel mondo musicale.

Poi ho iniziato ad approcciarmi al video perché iniziando i miei studi ho dovuto approcciarmi al video perché tanti dei miei esami erano più legati al video che dal punto di vista audio e quindi ho avuto un po' di confusione in quel momento. Perché ho trovato appunto che da una parte mi stavo interessando al video, dall'altra lo sentivo un po' come un obbligo dover magari darmi i miei esami e quindi il video mi sembrava "okay, lo faccio perché lo devo fare".

Però poi invece mi son trovata a non capire più cosa volevo fare a un certo punto perché mi è piaciuto sia il video, però allo stesso tempo ero sempre molto legata alla musica. Gli sbocchi lavorativi non sono facili da trovare per entrambe le cose.

Quindi mi sono trovata in un momento in cui la confusione era molto, molto alta. Poi dopo ho iniziato l'università proprio nell'anno in cui è iniziato il covid. Quindi io mi sono trasferita a Roma, ci sono rimasta quattro mesi e poi son dovuta ritornare dalla mia famiglia quindi per me è stato un periodo veramente di confusione pura, perché non ho avuto nessuno stimolo esterno. Stavo sempre a casa, sono diventata maggiorenne e sono rimasta a casa due anni, quindi da lì è stato un periodo proprio di confusione pura.

Iride: Gli artisti e le artiste nel momento in cui si trovano a lavorare in un contesto come quello italiano che, detto proprio fuori dai denti, non è particolarmente accogliente nei confronti delle artiste e degli artisti, hanno spesso grosse difficoltà a trovare un modo per sostenersi.

Chiara Laruffa: Ho già appunto provato a lavorare nel mondo artistico. Sto lavorando ogni tanto su set di film. Però giustamente lì non è la mia arte. Appunto non è qualcosa che si lega alla mia arte, è piuttosto un lavoro tecnico. Però sto facendo un po' di esperienza sotto questo punto di vista principalmente su set cinematografici e per il resto con la mia arte ancora non ho trovato un modo per, diciamo, guadagnare dalla mia arte per ora però , intanto farò altre cose. Non mollerò, insomma.

Ho iniziato veramente da poco quindi le esperienze che ho sono limitate.

Iride: Com'è stata la prima volta che hai visto un tuo lavoro in uno spazio pubblico?

Chiara Laruffa: Imbarazzante, direi. È stato un po' imbarazzante però anche soddisfacente perché vedere le reazioni del pubblico, le reazioni positive appunto, che io non mi aspettavo perché non ho mai avuto una grande autostima. Ho sempre avuto un po' di vergogna a mostrare i miei lavori e quindi vedere le reazioni del pubblico che erano tutte positive mi ha spinto a creare ancora di più perché ho sempre avuto dei freni sul mostrare i miei lavori agli altri, specialmente in pubblico. Sono sempre stata molto, molto imbarazzata quindi dopo la prima volta da lì ho avuto una spinta, è stato sempre molto più facile anche creare, perché comunque vedere le reazioni positive degli altri ti dà ispirazione.

Iride: E hai la stessa sensazione adesso che bar.lina esporrà il tuo lavoro tra pochi giorni, o è qualcosa che in qualche modo hai superato col tempo?

Chiara Laruffa: No, questa volta non sono molto imbarazzata. Diciamo che sono riuscita a superarlo col tempo, quindi sì, sono soltanto felice. Molto felice.

Iride: Che cosa significa per te essere un'artista?

Chiara Laruffa: Mhm... bene significa sicuramente... Non so se c'è una definizione specifica però per me basta che comunque si riesca a creare qualcosa. Che si crei qualche... non saprei neanche se definirla arte, perché alla fine è molto soggettivo. Però se si riesce a creare qualcosa, che sia qualsiasi tipo di contenuto, secondo me si può essere definiti artisti.

Più l'avere questo bisogno di creare qualcosa, il sentire questo bisogno proprio naturale di creare qualcosa. Cioè non sentirsi obbligati, non sentirsi pressati da nessuno ma semplicemente avere questo bisogno di esprimersi e di farlo attraverso dei contenuti visivi, audiovisivi.

Iride: Grazie mille per essere stata con noi. Potete trovare questa intervista e qualche contenuto speciale e tutti i contatti per andare a scoprire meglio Chiara Laruffa sul nostro sito iride.art e nei link in descrizione. Per non perdere i prossimi episodi di Iride potete iscrivervi alla newsletter sul nostro sito iride.art, seguirci sulle principali piattaforme di streaming tra cui Spotify, Apple Podcast e Google Podcast, su YouTube e su Instagram.

Grazie ancora e alla prossima.

Chiara Laruffa: Grazie. Grazie mille.